Differenza fra il reato di stalking e il reato di molestie
Cass. pen., Sez. V, 28 Maggio 2024, n. 21006
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Con sentenza del 28 maggio 2024 n.21006, la Corte di Cassazione, Sezione V, è nuovamente intervenuta sui criteri distintivi tra il delitto di atti persecutori ex art.612 bis c.p. e la fattispecie contravvenzionale ex art.660 c.p..
Il Procuratore della Repubblica di Busto Astizio ha impugnato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale in composizione monocratica nei confronti di G.A., contestando l'erronea derubricazione del delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. nella contravvenzione di cui all'art. 660 cod. pen..
Secondo il Procuratore ricorrente, il Tribunale avrebbe omesso di considerare la testimonianza della persona offesa, convalidata da quella del teste "puro", nonché di valutare quanto dichiarato dalle altre persone offese che in fase istruttoria avevano riferito di aver cambiato casa proprio a causa delle condotte vessatorie poste in essere dall'imputato.
Inoltre, il Giudice di primo grado – a parere del PM - non avrebbe tenuto della consulenza tecnica dello psichiatra nominato dal pubblico ministero, il quale aveva confermato la diagnosi di disturbo di personalità dell'imputato e la sua pericolosità.
La Corte d'appello di Milano ha condannato il prevenuto alla pena dell'ammenda e ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione, rilevando l'inappellabilità della sentenza di condanna a pena dell'ammenda.
La S.C. si è pronunciata sul ricorso promosso dal PM dichiarando, anzitutto, ammissibile l'atto di gravame in quanto rispettoso dei requisiti richiesti dal codice di rito ai fini di una rituale formalizzazione di un ricorso di legittimità.
Invero, «in caso di appello proposto dal pubblico ministero avverso sentenza inappellabile e di qualificazione dell'appello come ricorso per cassazione, l'atto d'impugnazione, per essere delibato in sede di legittimità, deve presentare i requisiti prescritti dall'art. 606 cod. proc. pen., che possono essere interpretati ed affrontati, in base al loro contenuto sostanziale e non solo sulla scorta della redazione della rubrica anteposta all'esposizione dei motivi, se conformi alle previsioni della legge processuale in tema di proponibilità del relativo mezzo di impugnazione».
Ciò posto, gli Ermellini, condividendo quanto ampiamente illustrato dal PM, hanno ribadito un consolidato principio di diritto secondo cui il discrimen fra il delitto di cui all'articolo 612-bis e il reato di molestie è costituito dal diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all'art. 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art.660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.
Come ravvisato nella fattispecie in esame, alle "molestie" si sono affiancati altri comportamenti oppressivi, come i danneggiamenti, gli imbrattamenti e le minacce, tipicamente espressivi del delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen.; per altro verso, la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone reca quale elemento costitutivo del reato (indicativo della sua riconducibilità alla tutela del bene giuridico dell'ordine pubblico e della tranquillità pubblica) la commissione del fatto "in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero col mezzo del telefono", circostanze che sono apparse, nel caso di specie, insussistenti poiché il contegno invasivo e prevaricatore si sarebbe limitato ai rapporti interpersonali nel contesto di un privato condominio.