Sussiste il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita quando l'artificio e il raggiro risultino necessari all'appropriazione
Cass. Pen., Sez. II, 02 agosto 2023, n. 33957
La Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Modena che aveva condannato A.A. per reato di truffa aggravata in quanto aveva cagionato ad A.B.B. un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Secondo il capo d'imputazione, veniva contestato il reato di truffa aggravata all'imputato "poiché, con artifici raggiri consistiti nell'approfittare di rapporti di conoscenza personale con B.B., in quanto cognato del figlio del predetto, ed agendo in qualità di mediatore immobiliare, trattando l'acquisto da parte di B.B. di un immobile sito in (Omissis), via (Omissis) di proprietà di C.C., induceva in errore sulla serietà dell'intento negoziale il B.B. che gli consegnava, a titolo di caparra confirmatoria, la somma di Euro 46.425,00 a mezzo di assegno bancario n. (Omissis), assegno che, contrariamente agli accordi, tratteneva e riscuoteva per sé, conseguendo in tal modo un ingiusto profitto, con altrui danno patrimoniale di rilevante gravità. Accertato in (Omissis) ((Omissis)), il (Omissis)".
Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Bologna, A.A. proponeva ricorso in Cassazione in quanto lamentava, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., l'errata qualificazione come truffa del fatto a lui attribuito, in luogo della qualificazione come mero inadempimento civilistico o come appropriazione indebita.
La Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Modena affermando che sussiste il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita quando l'artificio e il raggiro risultino necessari all'appropriazione.
Nel caso in esame sussiste il delitto di truffa in quanto l'imputato era
riuscito a ottenere dalla persona offesa la consegna dell'assegno, approfittando
anche del rapporto di conoscenza personale che sussisteva tra i due essendo il
A.A. il cognato del figlio di B.B., grazie all'artificio e raggiro di fare
credere alla stessa persona offesa che avrebbe utilizzato la relativa provvista
quale caparra o acconto sul complessivo prezzo dell'immobile che il B.B. stava
acquistando da C.C.; in tale momento, lo stesso imputato aveva già l'intento di non versare al C.C. la somma
recata dall'assegno, preordinazione che si poteva desumere dagli elementi
dell'elevato importo che era stato richiesto a titolo di caparra o acconto, dalla
richiesta del A.A. di non indicare sull'assegno il nominativo del beneficiario,
dalla contemporanea prospettazione, sempre da parte del A.A., al venditore C.C.
che il B.B. avrebbe versato l'intero prezzo al momento del rogito.
La Corte d'appello di Bologna ha argomentato come la consegna dell'assegno, da
parte della persona offesa all'imputato e, quindi, la successiva
appropriazione, da parte di questi, della relativa provvista fosse stata
ottenuta dal A.A. con l'artificio e raggiro di fare credere alla persona offesa
che avrebbe utilizzato la stessa provvista quale caparra o acconto sul complessivo
prezzo dell'immobile che la persona offesa stava acquistando, e con il
preordinato proposito di non fare ciò, ma di appropriarsi, una volta ottenuto
l'assegno grazie al predetto artificio e raggiro, della somma dallo stesso
recata.
Tale motivazione non risulta contraddittoria nel ritenere che l'appropriazione
della somma contenuta nell'assegno fosse stata realizzata grazie al menzionato
preordinato artificio e raggiro, con la conseguente configurabilità, in linea
con la giurisprudenza della Corte di cassazione, del delitto di truffa e non di
quello di appropriazione indebita o, tanto meno, di un mero illecito
civilistico..
L'accertata necessità dell'indicato artificio e raggiro per l'appropriazione
della provvista dell'assegno rende poi parimenti ininfluente, ai fini della
sussistenza della già consumata truffa, la successiva ricognizione di debito e
promessa di pagamento rilasciata dall'imputato alla persona offesa il 7
settembre2015.
Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguenza
condanna del ricorrente al pagamento delle spese ai sensi dell'art. 616 comma 1
c.p.p..
Avv. Danila D'onofrio